
Le origini dell’IoT, come abbiamo avuto modo di vedere in un articolo precedente (clicca qui), vengono attribuite a Kevin Ashton del MIT (Massachussets Institute of Technology) che nel 1999 coniò il termine per descrivere un sistema dove Internet viene connesso al mondo fisico tramite una rete di sensori.
Nel 2009 nacque la piattaforma Cense (Central Nervous System for the Earth) negli Hp Labs con l’obiettivo di creare un network di sensori mondiale capace di connettere oggetti e persone. Nello stesso periodo la ricerca e sviluppo di IBM si è focalizzata su un progetto chiamato Smart Planet che ha permesso di ridurre in 4 città le emissioni di CO2 del 14%, di abbattere i picchi di traffico del 18% e di aumentare il trasporto pubblico del +7%. Dall’inizio degli anni 2000 nell’industria l’Internet delle cose è stata anticipata dai concetti di Web Automation, Digital Manufacturing, M2M e Smart Grid.
Oggi l’Internet delle cose è un paradigma tecnologico in cui la comunicazione è estesa all’interazione tra uomini, dispositivi e sottosistemi. L’Internet delle cose è un insieme di tecnologie digitali che vanno dai tag RFID alle reti di sensori, dalle superfici touch alla realtà aumentata, dai sistemi logistici integrati alle infrastrutture in chiave di sostenibilità. Al centro del dibattito non c’è ormai una tavola rotonda, una manifestazione, un convegno, un summit dove non si parli di Internet of Things (IoT) e dei concetti ad essa assimilabili. Ogni individuo possiede in media 2 oggetti collegati a Internet e, secondo recenti stime, il numero continuerà a crescere almeno di 7 entro la fine del 2018, per un totale di 25 miliardi di dispositivi connessi senza fili nel mondo ed entro il 2020 il numero potrebbe raddoppiare a 50 miliardi.
L’Internet delle cose sarà una delle tecnologie abilitanti delle smart city. Lo sviluppo delle città intelligenti sarà accompagnato dall’uso massiccio di dispositivi connessi alla rete e di sensori intelligenti in grado di rilevare e scambiare informazioni. L’Industrial Internet of Things nel 2030 in Italia varrà l’1,1% del PIL. Una ricerca di Accenture mette in evidenza che l’uso di dispositivi e macchine connessi possono favorire una crescita che potrebbe raggiungere 14.200 miliardi di dollari entro 15 anni.
La diffusione del concetto di Internet of Things ha fatto sì che si estendesse il significato ricorrendo al termine Internet of Everything (IoE). Si passa così dall’Internet delle cose all’Internet di tutto ciò che ci circonda, allargando la visione futuristica di un web presente ovunque.
L’Internet of Everithing prevede che la forza dell’evoluzione derivi proprio dall’unione di persone, processi, dati, oggetti e collegamenti. Infatti, con l’IoE la connettività sarà la vera protagonista e l’integrazione porterà allo sviluppo economico che tutti aspettano e che potrebbe connotarsi come una nuova rivoluzione industriale. Anche il settore della stampa guadagnerà dall’IoE circa 19 miliardi di dollari con introiti che deriveranno dalle nuove opportunità di business, da una riduzione dei costi di produzione, da un aumento della produttività e da un miglioramento delle esperienze di vita e di lavoro delle persone.
L’Italia deve puntare con decisione all’Internet delle cose come infrastruttura digitale a supporto di quella quarta rivoluzione industriale di cui sentiamo tanto parlare. Per Quarta Rivoluzione Industriale si intende quindi un nuovo modello di sviluppo politico-economico. All’interno di questo paradigma, L’Internet of Things si sviluppa su tre piani convergenti: Internet dell’Energia, Internet delle Comunicazioni e Internet dei trasporti.
Nell’economia digitale, le imprese e le persone collegate all’Internet of Things potranno utilizzare Big Data e algoritmi per l’efficienza energetica, aumentare la produttività e ridurre drasticamente il costo marginale di beni e servizi, in un contesto di Sharing Economy.
Nel concetto di modificare il proprio business: stampa e scanning 3D, Internet of Things, social manufacturing, realtà aumentata, realtà virtuale, intelligenza artificiale, robotica, comunicazione wireless, cloud computing. L’insieme di queste tecnologie è in procinto di continuare la nuova rivoluzione industriale. Dal 2011 si parla di Industry 4.0 e con questa “etichetta” si indica una strategia industriale hi-tech promossa in origine dal governo tedesco, che ha per obiettivo l’informazione dell’industria manifatturiera, ovvero la diffusione della fabbrica intelligente caratterizzata da capacità di adattamento, efficienza, ergonomia. Le Smart Factory si propongono di realizzare prodotti qualitativamente più elevati, su volumi minori, con costi e sprechi minori, con prodotti e macchine in grado di comunicare tra loro, oltre alla creazione di ecosistemi e processi con elevato valore aggiunto.